novembre 5, 2008

intermezzo n 8

Era da almeno cinque mesi che non vedevamo Bulgaria. L’ultima volta era stato quando ci aveva detto che voleva fare Goldoni, non so se ve lo ricordate. Quella sera che per dimostrare il suo valore d’attore eclettico aveva cavalcato una scopa, prima come un giovane fantino della Barbagia e poi come un nobile esperto di dressage. E aveva riempito la casa di suoni strani e di galoppate. Era talmente concentrato nella parte, quel giorno, così determinato, che neppure Polanca era riuscito a fargli cambiare idea. “O Goldoni o Moliere!” aveva detto, forse avete ancora presente la scena. Comunque se non vi ricordate non fa nulla.
Da quel giorno era sparito.
 “E’ partito” ci aveva detto la mamma, “ dove non lo so, mi parlava in veneziano e in francese…itte n’isco deo de venezianu. E voi non lo sapete?”   No.
Dopo qualche tempo avevamo saputo che era emigrato nel continente. Che si era messo a lavorare per potersi iscrivere a una scuola di recitazione. Lavori saltuari e faticosi, dalle parti della padania,
raccoglitore di frutta, portapizza, portabombole, taglialegna, mungitore, passegiatore di cani, pulitore di canali e via discorrendo. Poi non avevamo più avuto notizie, il suo cellulare era rimasto sempre spento e lui non si era mai degnato di farci uno squillo. Finché, l’altra sera, la sorpresa: “Pronto, sono io, sto passando a salutarvi.”

“Chi era?” mi chiede Polanca.
“Bulgaria. E’ tornato. Sta venendo qua.”
“Fantastico. Gli scovolini sono sempre nel bagno?”
“Sono dove li hai messi tu, Polà, sempre vicini alla scopa, in cerchio.”
“Bene. Non farti venire la ridarella, cerca di resistere un po’.”

Dopo qualche minuto Bulgaria è da noi. Saluti e abbracci, guarda che ci devi raccontare tutto, datemi un bicchiere d’acqua, che vino vuoi, salute, a kent’annos, socmelben… eccetera eccetera.

“Sei tornato finalmente. Era ora che ti decidessi a riparare al danno.”
“Che danno?
“Non fare finta di non capire, Bulgarì, lo sai benissimo: la cavalla, i puledrini.”
“Toglietegli il vino, presto!”
“E’ una cosa seria, stai al tema, per favore. Hai creato un mare di disagio, una valle di lacrime, ora comportati da uomo.”
“Fate presto, ho detto! Accorrete, mettete dei fiori nel suo cannonau.
“Falla finita.”
“ Polà, ma si può sapere di che diavolo stai parlando?”
“Stammi bene a sentire: ti ricordi l’ultima volta che sei stato qui? Quel giorno che eri tutto preso dalla tua arte drammatica? Che hai cavalcato da una parte all’altra e poi ti sei messo un cappello a cilindro?”
“Sì. E allora?”
“E ti ricordi cosa facevi per far correre più veloce l’animale?”
“Lo frustavo?”
“No, Bulgarì, il frustino non ce l’avevi, ma picchiavi forte con la mano aperta. Ti ricordi?
“Sì, per incintare la cavalla a correre più forte, so bene come fare nel rettilineo finale”
“Ecco, l’hai detto, per incintarla. L’hai incintata anche troppo, caro Bulgaria. Hai fatto danno, quella sera.”

Non riesco più a trattenere la risata. Già mi immagino la scena seguente. E’ dalla primavera scorsa che aspettiamo il momento. Da quando Polanca, un pomeriggio, era rientrato a casa con cinque scovolini, di quelli che si usano per pulire l’interno delle bottiglie. “Che roba è?” avevo chiesto. “Sono i puledrini di Bulgaria, il frutto della passione con la scopa.”
Era stato Gieffe, su Mastru, ad accorgersi di quella enne in più nel verbo di Bulgaria. Era stato lui a suggerirci lo scherzo, a inventarsi la gravidanza e il parto della scopa.

Per non farmi vedere, simulo degli accessi di tosse, fingo di cercare qualcosa sotto il tavolo.
“Vieni con me” dice a un certo punto Polanca.
Si alzano, barcollanti e serissimi. Li seguo fino al bagno.
“Li vedi? Quelli sono i tuoi figli.”
“Voglio la prova del DNA.”
“Sono tuoi, prenditi cura di loro.”
“Sono troppo alti per essere figli miei. Più di un metro al garrese, è impossibile.”
“Hanno preso dalla madre.”

Bulgaria, dopo un po’ sembra commuoversi. Si china sugli scovolini e comincia ad accarezzarli. “Belle bestie, belle bestie davvero. Amici miei, grazie per averli allevati cosi bene. Vi farò partecipi delle nostre fortune, non ci dimenticheremo di voi.”
“Che intendi dire?”
“Quando vinceremo i Derby.”
“Fra tre anni.”
“Due e mezzo. Sono dei campioni, si vede.”

Li accarezza ancora un po’. Li prende e se li stringe a sé. Poi dice: “Bisogna cominciare subito con gli allenamenti.”
Li sistema, tutti sulla stessa linea delle prime mattonelle del soggiorno. Davanti ci piazza il manico della scopa che stavolta è diventata la gabbia di partenza. O il canapo del palio, forse.
“Via!”
E spinge gli scovolini, prima l’uno poi l’altro, gridando di gioia.
Io e Polanca, seduti sulle tribune del divano, cominciamo a fare le scommesse.

11 Risposte to “”

  1. Ma gli scovolini come si comportano?
    Hanno scambiato il giorno con la notte?
    Fanno capricci?
    Poppano ad orario?

    Tienimi aggiornata…
    🙂

  2. AltraBetta said

    eccomesifà a non ricordarsela, la scena.
    :))
    vieppiù, quando sei così adorabilmente neorealista, ti amo.
    ehm, in effetti… ora che ci penso, gli scovolini di bulgaria potrebbero vincere eventuali volate per un’incollatura di bottiglia!
    per contro, fossero stati, chessò, scovolini elettrostatici della swiffer, sarebbero stati battuti seccamente in quanto costretti a mangiare la povere…

  3. Scovare un senso agli scovolini. Questo è il problema!

  4. melacecca said

    questo blog è bellissimo e questo racconto fantastico. bravo, davvero…

  5. simple said

    ma poi, cosa avete scommesso?
    E chi ha vinto?
    🙂

  6. Veramente l’invidia è tutta mia!
    🙂

  7. bravo d’è anche lei,complimentoni
    e anche Rosa Tiziana

  8. Skeight said

    E poi dicono che il realismo magico è solo in Sud America…complimenti!

  9. Chiariamo bene la questione, Bobbote’: non est chi commo Bulgaria mi chircada a padrìnu de sos fizzos? Glielo dica subito, che non è cosa. Anche perché qui usiamo l’aspirapolvere. Ma soprattutto, abbarra abba’, la smetta di attribuire ad altri – men che meno a me – le trovate e le mattane che sono tutte sue e del filosofo. Si ricordi che conosco il suo indirizzo…

  10. birambai said

    Su Mastru, non nasconda la mano!

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